La nostra società si basa sull’usa e getta ed è incredibile come questa “pratica” la ritroviamo in infinite abitudini e gesti quotidiani e riguarda non solo gli oggetti -beni di consumo- ma anche gli altri animali e le persone umane. Isabella Ciapetti fa un viaggio per noi nel mondo usa-e-getta.
“…e saprò accarezzare i fiori
perché tu mi insegnasti la tenerezza…”
Da diversi mesi mi guardo intorno e penso: “usa-e-getta”. Tutto, o quasi, richiama questo concetto, a me odioso. Perché io ci sto molto attenta, invece, a non usare, e a non gettare.
Ho avuto la fortuna di passare molto tempo con gli anziani di famiglia; avevano tutti attraversato due guerre, e nei loro racconti respiravo la penuria e la fame. Non capivo, da ragazza, i loro armadietti pieni di scatole e barattoli vuoti; non capivo perché si mangiava sempre il pane del giorno prima anche se c’era quello fresco; non capivo le cuciture in mezzo alle lenzuola consumate. Eppure la mia famiglia non è mai stata veramente “povera”: avevano tutti una casa, il lavoro, animali domestici e soprattutto i soldi per andare in vacanza. Così li prendevo in giro, buttavo via gli avanzi sparsi nei loro frigoriferi, e mi arrabbiavo se mi davano da mangiare gli avanzi.
Poi, al liceo, iniziai senza quasi accorgermene a raccogliere i fogli usati in una scatola perché non mi piaceva buttarli nel cestino. Poi mia sorella si mise a raccogliere le cartine d’argento delle sigarette dei miei genitori, poi i tappi di plastica, poi i fondi di caffè…
Ma nel giro di una decina d’anni, i ruoli fra me e i miei anziani si invertirono; lo capii quando realizzai che non volevano più riutilizzare le bottiglie d’acqua di vetro: dicevano che quelle di plastica erano più igieniche! Ormai avevano 80 anni e si erano rotti di vivere come se la guerra non fosse ancora finita. Io avevo 20 anni e stavo appena guardandomi intorno. Cominciai a togliere un animale dopo l’altro dalla mia dieta, a differenziare e limitare i rifiuti, a cercare di comprare sostenibile (“sostenibile” anni ’80, naturalmente): ci rifletto solo ora, ma credo che con questo comportamento cercassi di rendermi invisibile, e questa cosa, col senno di poi e in termini di impronta ecologica, mi piace molto, anche se la strada è ancora lunga.
Siamo una società usa e getta
Ho scritto tutta questa premessa perché mi capita spesso di notare – mi si perdoni la salita in cattedra, ma sono invisibile, non dovrei dar troppa noia – che la società in cui vivo è superficiale in tutto, ma proprio tutto: siamo una società usa-e-getta nel senso più ampio del termine.
L’ambiente conta solo quando ci sono dietro delle multinazionali o delle persone sbattute sulla ribalta e imbeccate su ciò che devono dire, ma nessuno assume su di sé un minimo di responsabilità. Davanti a casa mia c’era una volta un cassonetto, l’unico contenitore di rifiuti nel raggio di 1km; poi l’amministrazione comunale, come tutte le altre solerte nel togliere quanto di utile provenisse dalla precedente, ha introdotto dei bidoncini di plastica colorata da lasciar fuori per le Apecar degli operatori ecologici (ché ormai non spazzano più e dunque si è capito il perché del cambio di nome in stile politically correct). La pioggia lava i mastelli, il vento li travolge, i cani ci fanno sopra la pipì, i nottambuli ci vomitano dentro. E chi porta fuori il cane come fa con il sacchettino delle cacche? Facile: lo tira al di là dei muri, così la raccolta differenziata la fa chi ha un giardino, così impara cosa vuol dire dover portare fuori il cane.
Ognuno vive l’attenzione per l’ambiente in modo diverso, e nessun modo è migliore degli altri, solo diverso. Io per esempio sono morbosamente colpita dall’impatto che hanno le microplastiche sugli oceani: oggi tutti tengono in casa quei pannetti in microfibra che “costano tanto poco” [1] e si asciugano subito. Ridurre il costo di ciò che utilizziamo a una questione di soldi mi fa talmente arrabbiare che tempo fa mi venne l’idea malsana di investire i miei risparmi nell’acquisto di quanti più pannetti potessi, per poi bruciarli in giardino. Sono stata frenata solo dal fatto che ho temuto l’impatto di un simile rogo sull’ambiente, dopo aver letto delle zone morte negli oceani [2], punti dove il mare letteralmente soffoca, desertificandosi!
Ma che bel cagnolino!
Il basso costo e il concetto di usa-e-getta sono strettamente collegati, e purtroppo riguardano da vicino anche i miei amici animali. Dopo tanti anni, le persone con cui passo qualche festa comandata pur non rinunciando alla carne o al pesce – diononvoglia! – limitano i loro desideri carnivori e riusciamo quasi sempre a passare ore serene insieme. Ma a nessuno di loro è ancora venuto in mente di riflettere sulla sofferenza che si nasconde dietro a ogni boccone.
Non si trova meno violenza nell’acquisto del cagnolino/micetto donato ai bambini per Natale: ne ho uno proprio vicino a casa, un bel cucciolo di pastore tedesco arrivato proprio a Natale che vive nella sua torre d’avorio, una grande terrazza all’ultimo piano di un palazzo. Sta lì tutto il giorno, da solo, e abbaia incessantemente. Anzi, abbaiava, perché ho fatto una denuncia alle guardie zoofile e da quel giorno non abbaia più – spero che non gli abbiano tagliato le corde vocali. Ci sono due bambini in quella casa, ma non giocano mai con lui. Usa-poiNatalepassa-e-getta.
Il mio cane l’ho trovato in giardino quando aveva sei mesi: guardacaso a San Valentino aveva un paio di mesi. Usa-grandeamore-e-getta. Stessa storia per i criceti, pesci rossi, tartarughine e pappagallini vinti al Luna Park: oggetti che quando crescono o ingombrano, o disturbano, o ebbenesì si ammalano, si vanno a liberare “così staranno meglio”; e così abbiamo le Cascine popolate dai pappagalli verdi, il Mugnone pieno di nutrie, i torrenti e i laghetti di campagna infestati dalle tartarughe. Usa-e-getta. Nessuno vieta ai giostrai di comprare e vendere animali, tanto ci pensa il Comune a farli fuori quando diventano troppi.
Qualcuno forse ricorda le creaturine dei laghi salati? Molto prima del decreto Zan, un tipo in America ebbe l’ideona di ribattezzare un crostaceo trasformandolo in animaletto da circo, così dagli anni ’70 ogni tanto l’artemia salina torna in auge col nome di scimmietta di mare [3]. Le uova di questi minuscoli animali sopravvivono a tutte le condizioni climatiche, così vengono imbustate e vendute come le figurine dei calciatori. I bambini le guardano un po’ e poi vanno in giardino a giocare. Usa-guardabelline-e-getta.
Cacciatori amici dell’ambiente?
Di animali usa-e-getta ce ne sono moltissimi nel mondo venatorio, a partire dall’addestramento dei cani, chiusi in gabbie, probabilmente affamati, probabilmente maltrattati perché siano più “cattivi”. Lungo una sterrata nel Mugello c’è un’area di addestramento per la caccia al cinghiale. I cani in attesa della loro ora di lezione stanno chiusi nei luridi pandini dei loro padroni (mai parola fu più appropriata), sotto al sole o sotto la pioggia, e guai se fanno casino.
I contadini della zona si lamentano dei danni provocati dai cinghiali che riescono a bucare le reti e a scappare, allora il Comune chiama i cacciatori per regolamentare la presenza di questi “selvatici” fatti nascere per esser cacciati, e il giro ricomincia. I cani da caccia hanno una sola chance: cacciare bene. Se gli manca il fiuto, o hanno paura degli spari, o non sanno riportare lepri e cardellini, il loro destino è segnato e nel migliore dei casi vengono attaccati al cancello di un canile.
Passeggiando in campagna, sempre nel mio Mugello, zona ricca di fagiani, trovo i capanni dei cacciatori: alcuni a volte portano a casa un daino, quando riescono a sparargli alle spalle. Le mie nonne mi raccontavano che un tempo i cacciatori utilizzavano uccelli legati (e possibilmente accecati, perché “cantavano” di più) per attrarre i loro simili e sparargli; per fortuna oggigiorno questo non accade più! [4]
Per fortuna, infatti, oggi cacciatori e pescatori sono diventati sportivi: ben vengano dunque quelli che dopo aver pescato le carpe, gli strappano la bocca (per recuperare l’amo) e le ributtano in mare. Non stiamo a sottilizzare, capita anche a noi che a volte ci si stacchi una parte di corpo.
Penso con affetto alle esche, anche se mi fanno abbastanza schifo, perché anche loro sono esseri usa-e-getta, infilzate nell’amo e gettate in pasto ai pesci, come si suol dire.
Gladiatori dei giorni nostri
Uno dei miei film preferiti, tratto dall’omonimo libro di Pino Cacucci, è Puerto Escondido. Nel film Abatantuono finisce in un’area dove fanno i combattimenti fra galli. Galli, cani, perfino persone, tutti costretti ad ammazzarsi fra loro come ai tempi dei gladiatori. E per prepararsi al gran giorno? Ci si allena con gli sparring partner, creature nate male, malate, randage che vengono utilizzate per quest’altro bello sport. Usa-fattisbranare-e-getta.
Altro bello sport è il Palio, non solo di Siena, che così tanti spettatori attrae e che fa ben girare l’economia. E l’ippica, e il dressage… Gli si rompe una gamba? Gli si spara in mezzo alla fronte e via. Usa-e-getta.
Alcuni giorni fa ho scoperto che una persona che stimo alleva gatti. Sicuramente non sarà su scala industriale, immagino che da lei stiano benissimo e che li venda solo a persone fidate, ma pensare che i gattili e i canili straripano perché c’è gente che produce animali mi fa rabbia! Ho conosciuto una “fattrice” di tre anni, una bassottina che pesava sì è no 5 chili, con le mammelle che toccavano terra, una vagina gigantesca, due occhi incavati da far paura: da quando vive con una mia cara amica sembra un’altra, ma non tutte sono così fortunate.
Sul tema usa-e-getta, dedico la medaglia d’oro al Tribunale di Brescia [5], che proprio per oggi, 27 aprile, ha stabilito di bruciare un maiale in un forno fusorio per accertare se in questo modo possa essere stato sciolto un imprenditore sparito nel 2015. La notizia più bella sarebbe, domani, venire a sapere che gli animalisti sono riusciti a fermare questa ennesima cattiveria [6].
Altra notizia che mi piacerebbe venisse smentita è quella che riguarda la creazione, nel trevigiano, di una nuova pista per le corse – amatoriali, beninteso – dei levrieri [7]. Non se ne esce.
C’è una violenza inaudita dietro a ogni rapporto fra umani disumani e creature indifese (umane e non), che non riesco a spiegarmi. Questo articolo è superficiale e scritto in fretta, anche se a tappe per riprendermi dal male di cui scrivevo. Ho scritto volutamente di animali e persone che conosco perché volevo dimostrare che TUTTI abbiamo intorno a noi storie brutte, ma anche perché credo fermamente che se ci proviamo, potremo cambiare qualche finale a queste storie.
“Chi fummo? Che importa? […] questa lettera termina senza nessuna tristezza: sono fermi i miei piedi sulla terra …e sapremo accarezzare i nuovi fiori” perché avremo imparato la tenerezza. [8]
Isabella Ciapetti
Progetto Vivere Vegan
[1] abbiamo già ricordato in tanti, anche su questo blog, che non esiste il “costare poco” ma piuttosto il costare “a chi” e “come”
[2] https://www.corriere.it/animali/18_giugno_07/gli-oceani-stanno-soffocando-zone-morte-quadruplicate-70-anni-889417aa-6a4f-11e8-adc0-1eaed5ff2c18.shtml
[3] https://i0.wp.com/www.ventennipaperoni.com/wp-content/uploads/2021/02/Scimmie-di-Mare.jpg?ssl=1
[4] ho letto in un racconto, forse di Pino Cacucci, delle cacce all’uomo organizzate in Jugoslavia, ma non c’è niente di nuovo né di strano, dato che anche il film Betrayed (1988) racconta le stesse cacce, che faceva il Ku Klux Clan: tutto il mondo, ahimé, è paese.
[5] https://carmenluciano.com/2022/04/04/protesta-maiale-bruciato-vivo-per-esperimento-giudiziale/
[6] dal nostro punto di vista, è ovvio che gettare un maiale morto in un forno fusorio o squartarlo per farci il prosciutto non fa differenza, ma è l’idea che qualcuno abbia pensato di farlo ad avermi disturbata tanto
[7] https://www.greenme.it/lifestyle/costume-e-societa/scempio-nel-trevigiano-stanno-trasformando-unarea-verde-del-parco-in-una-terribile-pista-per-le-corse-dei-levrieri/
[8] “Lettera lungo la strada”, in Pablo Neruda, I versi del capitano, 1952