Anche se il carnevale è saltato per via del coronavirus, proviamo a travestirci da animali per qualche minuto, e divertiamoci a ragionare con la loro testa.
In principio era il microbo – Viskovitz: uno, nessuno, centomila
<<“Non sono le misure che contano, Viskovitz”, sentivo dire. “L’importante è esser se stessi”.
Come se fosse facile. Non avevo fatto in tempo ad affezionarmi al mio nome che già ero diventato due microbi. VISKO e VITZ. Figuratevi quando ne diventai quattro: VI, SKO, VI e TZ. Ero a pezzi.
Lo eravamo un po’ tutti, allora, nel precambriano. “Che ci vuoi fare”, si diceva, “è la vita”…
Quando cominciarono a chiamarmi V, I, S, K, O, V, I, T, Z, capii che era ora di fare qualcosa. Ma cosa? Chi poi? Ero in minoranza anche dentro me stesso…
Fu allora che sentii quella Voce: “V, I, S, KO”, mi disse, “è ora di diventare una bestia”…
“Non saprei da che parte cominciare”, confessammo.
“Dall’essere egoisti, pieni di sé. Ci si aggrappa con tutte le forze al nostro piccolo io…”>>
E così…
Un respiro dopo l’altro, le bestie.
Peccato che questa parola abbia assunto un significato tanto brutto, nella società, perché le bestie non fanno tutto il brutto che fanno gli uomini, se uccidono è per natura, non per gioco o cattiveria (anche se quando ai miei gatti strappo di bocca uccellini e topi non la penso proprio così…).
Viskovitz è il protagonista di un libro scritto nel 1998 da Alessandro Boffa, biologo nato in Russia che credo viva un po’ in Tailandia e un po’ a Roma. Libro divertente, affronta la VITA attraverso le trasformazioni di Visko e dei suoi amici, nemici, rivali: Lopez, Petrovic e Zukotic. L’AMORE si chiama Ljuba, Jana, Lara in ordine inversamente proporzionale di desiderabilità e intelligenza. E il SESSO…
<<il sesso? Non sapevo neanche di averne uno. Figuratevi quando mi dissero che ne avevo due.
“Noi lumache, Visko”, mi spiegarono i miei vecchi, “siamo ermafroditi insufficienti…”
“Che schifo!”, strillai.>>
Gli animali siamo noi
Essendo biologo, Alessandro Boffa offre la possibilità di arricchire il vocabolario senza imporci di capire esattamente a cosa si riferiscono tutti quei termini tecnici, ed è divertente entrare nell’intimità di corpi che nemmeno i vegani sanno apprezzare…
<<“Com’era papà?”, chiesi a mia madre.
“Croccante, un po’ salato, ricco di fibre”.>>
Boffa aiuta ad entrare negli animali che sono Viskovitz, a capire che siamo un po’ Viskovitz anche noi… ma sarà stato mosso dal desiderio di sapere, da curiosità o semplicemente da ciò che spinge noi gattare a entrare nelle menti degli animali? Tipo… cosa pensano gli uccelli quando cinguettano?
<<Dopo tanto migrare, mi ero trovato un posticino come si deve, in un bosco di faggi nell’Alta Baviera. … Era ora che mi facessi una famiglia… Così, ancora d’inverno… mi ero messo a costruire il nido… Sulla destra, dopo l’ingresso, c’era l’angolo uova, tutto foderato in piumino, con gli sfoghi per regolare l’aerazione e la temperatura. Sulla sinistra, l’angolo mangime, con adeguate ripartizioni per i grani decorticati e quelli grezzi. Il piano di sopra non era altro che una lussuosa alcova con vista sul lago, impermeabilizzata e foderata di piume, erbe, lane e fiori. Tutta la struttura portante dell’edificio poggiava saldamente su rami di faggio intrecciati alla maniera dei passeri tessitori, era cementata con argilla e saliva, come fanno le rondini, ed era rifinita con sterco secco. Avevo mimetizzato le pareti esterne con un’edera profumata, quel poco che bastava per nasconderle all’occhio dei predatori, ma non tanto da impedire ai miei vicini di schiattare d’invidia. E in futuro, a tempo debito, avrei fatto un nido anche sul lago, a piattaforma, come certe folaghe.>> Ingegno, ma anche vanteria e invidia… è bello sorridere convinti che i difetti siano solo altrui…
Tutto vale, tutti contano
Nel suo viaggio all’interno dell’essere bestia, Viskovitz rappresenta noi umani, che siamo tutti inconsciamente egocentrici, finché non arriva il Grillo Parlante della situazione a riportarci coi piedi per terra:
<<Appena nato ricevetti subito dei complimenti.
“Com’è bello”, gongolò mamma. “E’ già uno scarafaggio fatto. Ha più colore degli altri, è più attraente!”. Era davvero contenta di quello che vedeva. Nuovo fiammante non dovevo essere un brutto spettacolo.
Mi rallegrai di essere venuto al mondo… Attorno a me c’era una quantità di altri mocciosi che avevano appena terminato lo sviluppo larvale… mi piaceva l’idea di iniziare la vita con un vantaggio su di loro, sia pure effimero come la bellezza. Ma ci pensò papà a smorzare gli entusiasmi.
“Non dare ascolto a tua madre, Visko. La bellezza non è di alcun vantaggio per quelli come noi… sarà bene che tu sappia subito come stanno le cose. Noi siamo stercorari, ragazzo, e l’unica cosa che conta nella nostra esistenza… beh, ecco… è la merda”.>>
Ecco.
Ma chi ti credi di essere, Viskovitz?
Insomma se niente, nemmeno la cacca, è insignificante, in Natura, bisogna accettare che nemmeno le formiche… uff… Ho messo quintali di caffè in tutte le fessure di cucina per cercare di fermarle senza ucciderle, e loro, intelligentissime per quanto minuscole, dopo i primi tempi di sbandamento, hanno imparato a farci il nido, maledizione! Per fortuna c’è Boffa, a pagina 82, che mi fa sopportare anche questa:
<<Non è un gran vantaggio chiamarsi Viskovitz quando quel poco che la vita ha da offrire è distribuito in ordine alfabetico. Nel mio formicaio era quello il criterio seguito per imboccare noi larve. Peggio di me stava soltanto Zucotic.>> touché!
D’altronde, chi crediamo di essere, noi umani, nel sistema-universo? Altro che formiche…
Sei una bestia, Viskovitz
Gli animali, un mondo di conoscenza e sensibilità: ogni volta che mi fermo a guardarli (spesso), leggerli (a volte), studiarli (raramente!), scopro universi. Tradotto in una ventina di lingue e portato anche sul palco, il bestiario di Alessandro Boffa discende dai favolisti antichi, deve qualcosa ai giallisti noir americani con il cane antidroga buddista, e a Sergio Leone per gli ancheggiamenti scorpioneschi nel deserto del Mojave.
E il pinguino imperatore che all’inizio del libro introduce se stesso, e tutti gli animali del mondo, mi ricorda Pulp Fiction, che finisce dove tutto ebbe inizio, come questo articolo…
Ma alla fine, chi sei, Viskovitz?
“Chi sono io?”, mi domandavo. Non trovando risposta chiesi a mio padre.
“Dipende dal contesto”, mi spiegò. “Noi camaleonti siamo come la pausa tra due parole”.
“E… la nostra personalità?”
“Che te ne fai di una personalità, figliolo, quando puoi averle tutte? A che ti serve essere te stesso quando puoi sedurre saure fantastiche, ottenere bei voti a scuola e far scappare i tuoi rivali semplicemente dicendo che sei un altro? Prendi esempio da me, che oggi sono il tuo babbo e domani chissà”.
Era sempre la stessa storia. Bastava rimescolare un po’ i colori e gonfiare i diverticoli polmonari per assumere l’aspetto di chi volevi, sicché non potevi fidarti di nessuno, neanche dei parenti. Non a caso in famiglia avevamo tutti un nome che finiva con un punto interrogativo. Io stesso mi chiamavo “Viskovitz?”.
BIBLIOGRAFIA:
Alessandro Boffa, Sei una bestia, Viskovitz, Garzanti, 1998
Sandro Russo, “Alla scoperta di Viskovitz”, 5 aprile 2010
Marion W. Copeland, “To Be or Not to Be an Animal”, pubblicato in H-Nilas, gennaio 2003
Isabella Ciapetti
Progetto Vivere Vegan Onlus