Da alcuni milioni di anni le isole Galapagos, sperdute nell’oceano Pacifico, sono una fonte di conoscenza sulla storia della Terra, del mare, del cielo. Ma sono anche la versione in miniatura di come noi umani abbiamo saccheggiato e devastato il pianeta.
“…guardammo davanti a noi, e all’improvviso vedemmo la terra uscire dall’orizzonte lunare; fu uno spettacolo incredibile, ma quando alzai il pollice e vidi che la nascondevo completamente mi resi conto che casa mia, le persone che amavo, tutto ciò che conoscevo stava dietro al mio pollice. In quel momento capii cosa siamo, noi, nell’universo. Quanto poco siamo.” Era Jim Lovell, al ritorno dallo spazio, nel 1968. Il 20 luglio dell’anno dopo siamo sbarcati sulla luna, eppure la cosa più bella da vedere, per gli astronauti, rimaneva comunque la Terra.
Un’idea di come poteva essere questo pianeta prima che noi cominciassimo a fare danni possiamo averla, oggi, visitando le isole Galapagos, nel Pacifico blu, a 600km dall’Ecuador, patrimonio mondiale Unesco dal 1978. Dopo anni di ricerche sul posto e con l’aiuto di diverse associazioni internazionali, Irenäus Eibl-Eibesfeldt e altri scienziati ottennero che il 23 luglio 1959 si creasse sull’isola di Santa Cruz un centro stabile di ricerca (la Charles Darwin Research Station), e si iniziasse a promuovere azioni per la protezione della fauna e della flora di questi magnifici ex-vulcani.
Il paradiso è l’unione del cielo col mare
Mentre la placca tettonica di Nazca slittava verso est e il fuoco eruttava, cominciarono a emergere le isole delle tartarughe: San Cristobàl e Española si formarono 5 milioni di anni fa, mentre Isabela, Ferrandina e le isole più occidentali nacquero “solo” qualche centinaio di migliaia di anni dopo, e ancora sono in fase di crescita.
La vita arrivò sulle Galapagos portata dal vento: semi, felci, muschi, licheni, insetti e lumachine, pipistrelli e ovviamente tantissimi uccelli, che insieme a rami e relitti contribuirono all’arrivo dei molti rettili e dei semi di piante marine come le mangrovie.
Charles Darwin, ventiduenne, nel 1831 salì come naturalista a bordo del brigantino Beagle e arrivò alle Galapagos nel 1835, dove per 5 settimane raccolse le informazioni che avrebbero dato vita alle teorie che sconvolsero la comprensione del mondo fino ad allora accettata. Nel suo libro L’origine delle specie (1859) apparvero per la prima volta concetti come la selezione naturale e l’evoluzione delle specie, che noi diamo per scontati.
I primi passi sulle Galapagos… furono quelli di un naufrago!
Non è che ci volesse proprio andare, il vescovo di Panama Fray Tomàs de Berlanga, ma per lui decisero le correnti, che invece di portarlo in Perù lo lasciarono su quelle rive inospitali il 10 marzo del 1530. E le Galapagos fecero la loro prima apparizione nelle cronache sudamericane. La prima volta che vennero disegnate su una mappa, invece, fu nel 1569: il grande cartografo Mercatore le chiamò Ysolas de los Galopegos. Oggi su Google appaiono in più di 22 milioni di voci.
Grazie alla loro ragionevole, ma non eccessiva, distanza dalla costa, i primi ospiti veri e propri di queste isole furono pirati bucanieri e corsari: qui potevano in tutta tranquillità riposarsi, nascondere tesori, preparare nuovi arrembaggi. Narra la storia che il pirata William Dampier abbandonò sull’isola Juan Fernandez, più a sud, un compagno di avventure, recuperandolo solo dopo 4 anni: quell’uomo, Alexander Selkirk, ispirò a Daniel Defoe il personaggio e la storia di Robinson Crusoe!
Dampier fu il primo a descrivere le Galapagos dal punto di vista naturalistico. Memorie di un bucaniere (1697) è un libro importante soprattutto perché questo esploratore-pirata dette il nome a più di 1000 specie (e sottospecie!) animali e vegetali… leoni marini, tartarughe giganti, iguane, cormorani di terra, fregate e sule, squali, abitanti dei coralli, fringuelli, lucertole, foche, albatros, licheni, muschi, felci…
E poi il diluvio
Dai pirati in poi, nel loro piccolo, le Galapagos mostrano quanto poco gli esseri umani si sono curati della Natura. Appena morto l’ultimo pirata ufficiale, nel 1720, queste isole divennero zona di caccia ai cetacei. I balenieri avevano ormai razziato ed esaurito le prede nell’oceano Atlantico, qui fecero fuori centinaia di migliaia di balene e tartarughe giganti, e all’inizio del 1800 si spostarono nel nordovest del Giappone. Dalle balene si otteneva l’olio necessario per l’illuminazione: fu dunque solo dopo che nel 1840 il canadese Abraham Gesner ebbe trovato il modo di distillare il kerosene dal petrolio che si ridusse la necessità di uccidere i giganti del mare.
Come succede ancora oggi, la letteratura trae spesso spunto dai fatti della vita, e così fu anche nel caso di Herman Melville, che scrisse Moby Dick (1851) ispirandosi all’affondamento della baleniera Essex da parte di un capodoglio; nel 1854 scrisse Las Encantadas, dove parla dell’irlandese Patrick Watkins, naufragato su Floreana e lì rimasto per qualche anno, primo e unico abitante: passava il tempo coltivando ortaggi che vendeva ai balenieri in cambio di rum.
Come se la caccia alle balene non fosse stata sufficiente, appena i balenieri si furono allontanati dal Sudamerica arrivarono i pescatori industriali di tonni e squali, che con i loro palamiti ne pescavano circa 50.000 tonnellate ogni anno – per non parlare di tutte le altre specie di pesci uccisi “per sbaglio”. Solo nel 1998 è stata vietata la pesca al tonno in questa riserva marina.
Anche il traffico marino e i cambiamenti climatici contribuiscono non poco al deterioramento di questo ecosistema unico.
Conserviamo le Galapagos!
“…Cerchiamo di fare del nostro meglio perché le isole Galapagos, così ricche di meraviglie della Natura, rimangano come sono, per noi e per chi verrà dopo di noi” (1961): l’appello ripetuto e continuo di Eibl-Eibesfeldt non è rimasto del tutto inascoltato: il governo ecuadoriano e ancor più gli abitanti delle isole sono quotidianamente impegnati nella conservazione del loro piccolo mondo, anche per quanto riguarda il turismo, che è mantenuto ai massimi livelli di sostenibilità, per quanto riguarda l’utilizzo dell’acqua e dell’energia, il trattamento dei rifiuti e il loro riciclo, l’utilizzo dei prodotti locali. Tutti noi, inoltre, siamo sempre i benvenuti a partecipare ai molti programmi di conservazione e monitoraggio delle isole, promossi dalla Charles Darwin Foundation e dal Direttorato del Parco Nazionale delle Galapagos.
Perché, come disse Konrad Lorenz non molti anni fa, “l’anello mancante fra la scimmia e l’uomo civilizzato siamo noi”. Diamoci da fare…
Altri tre libri che consiglio di leggere, oltre a quelli citati di Darwin, Melville e Defoe:
- Sergio Albeggiani, Le isole lontane (1990)
- Massimo Onofri, Isolitudini. Atlante letterario delle isole e dei mari (2019)
- Kurt Vonnegut, Galapagos (1985), romanzo di fantascienza
Isabella Ciapetti
Progetto Vivere Vegan