La Pasqua è alle porte e ormai i giochi sono fatti: le colombe e le uova di cioccolato sono sugli scaffali e nelle vetrine, gli agnelli sono stati uccisi e, come fossero cose, i loro corpi messi in vendita sui banchi delle macellerie. Possiamo ancora rifiutarci di comprarli, affinchè arrivi forte il segnale di cambiamento. Per smuovere le coscienze proponiamo questo articolo di Tiziana Antico.
Violenza
La violenza è connaturata. Delegata o direttamente esercitata è strumento primario finalizzato all’ottenimento di sottomissione e brutale dominio, ma pur sempre connaturata. Sanguinaria, sanguinosamente impartita, rito ancestrale scaturito e in seguito forgiato da una cupa ebbrezza il cui scopo è anestetizzare la mente evitando ogni possibilità di ripensamento, oppure fredda ed efficiente quando artefici ed esecutrici siano macchine. Ingranaggi, meccanismi, sistemi rodati, modulati dalla nostra volontà, progredita, abile tecnologicamente, tra le più potenti armi elaborate dalla mente. La volontà. Del male. Del male inflitto. Del tormento immillato. Dell’usura operata e compiuta.
L’espansione del dolore è incommensurato.
Il Sacrificio
L’agnello a 30 giorni di vita viene macellato. Tutti lo sanno ma a pochi importa perché questa è la tradizione e la tradizione deve essere rispettata. L’agnello è simbolo di un antico sacrificio. Abramo, per compiacere e propiziarsi dio era pronto a sacrificare il figlio Isacco. Dio, constatando la sua obbedienza, lo fermò e Abramo, grato, gli sacrificò un agnello. Così quel tempo e quell’evento ci raccontano esegeti con profusione di lodi. E da quel tempo, e probabilmente anche in precedenza, si consolidò il perpetuarsi di un rito che divenne dogma e nei secoli, tradizione e da tradizione, con il trascorrere di altro tempo, abitudine e da abitudine, vizio. Profanazione.
La parola sacrificio ha un significato elevato, “rendere sacro” è il suo intimo senso, avvicinare al divino, a dio medesimo. Si percepisce una profonda antitesi tra la trascendenza di questo anelito sublime, con la rappresentazione manifesta dell’azione compiuta, feroce e fredda nella sua premeditazione. Non vi è nulla di sacro nell’immolare una creatura indifesa ad una divinità esigente la cui somiglianza con l’essere umano è un enigma, quanto meno ambiguo.
Non vi è nulla di sacro nell’infliggere la morte, nel terrore, nel paventare dolore da parte della creatura offerta in olocausto, nella condanna che un carnefice impietoso porta a termine, godendo del sangue versato.
Il Sacrificio per eccellenza è stato quello di Gesù Cristo, quell’evento ebbe conseguenze tali che ancor oggi riverbera ripercussioni planetarie, ma allora nessun agnello venne surrogato, Gesù stesso era l’Agnello, vittima divina sacrificata, data in pasto alla sua prole umana, ingrata e dedita non solo al peccato ma principalmente al tradimento. Con il simbolismo della Messa il Sacrificio di Gesù venne replicato all’infinito con l ‘assunzione di pane e vino, rituale della sua morte.
Come sempre era avvenuto, chi pagò il debito non fu il debitore reale, l’essere umano che nonostante Cristo fosse morto sulla croce per portargli salvezza non mutò per nulla i suoi costumi violenti, viziosi, improntati a spietata brama di dominio e smodata ingordigia, ma fu l’Agnello. Non era più agnello di dio ma apparteneva all’uomo e l’uomo lo divorò e ne bevve il sangue e ancora lo divora e ne beve il sangue, suo e di tutti gli altri innocenti senza avere requie alla sete e saziare la fame.
Propiziazione
Una considerazione ulteriore riguardante l’obiettivo reale del sacrificio, la sua essenza recondita, arcaica, quando, ancora nello scenario delle credenze, imperavano “divinità” destinatarie di cerimonie propiziatorie, alle quale era obbligo, salvo correre il rischio di perderne il favore, sacrificare.
Nella concettualizzazione di propiziazione sono contenuti elementi non certo degni, caratteristiche squisitamente umane, opportunismo e ipocrisia funzionali a stipulare contratti il più favorevoli possibile al contraente con il suo dio. La reificazione della vita ebbe origine quando il suo valore divenne quello di “merce di scambio”, ne vennero rinnegate dignità e virtù e ne fu trafugata “l’anima”.
Pochi hanno coscienza della portata incalcolabile del danno di quell’atto, il profitto si sostituì alla “fruizione”, al rispetto primario, all’equilibrio tra le parti. La convinzione della presunta, ma resa certa, dogma inappellabile, supremazia sull’Altro, condusse ad una ulteriore tappa di questo iniquo processo, il diritto acquisito.
Fu l’inizio. Un tragicamente sfumato principio, un postulato oscuro che conteneva la fine più triste che si potesse trascrivere, immaginare, sognare, tramandare. La fine della relazione, sia pure ideale e impari, tra l ‘antico carnefice e la vittima. Quest’ultima, interprete di un ruolo ascritto a codice intransigibile, crudelmente transitato nei secoli e dal quale non poté sfuggire allora, meno che meno, ora.
Abbiamo deciso di intraprendere la via del dolore. E pietre miliari sono lacrime innocenti, del colore del sangue, rappresi coaguli, immoti, al confine del tempo e dello spazio ci guardano svanire. Ma ancora pochi esseri ascoltano il pianto innocente delle Creature e della loro Madre inconsolata. Siamo artefici e portatori ostinati di un mondo dolente al cui dolore non vogliamo rinunciare.
Mi sovvengo di Clarice Sterling e della sua disperazione nel Silenzio degli Innocenti, mi colpì profondamente anche allora, perché la percezione del dolore altrui è condanna, onere, esazione di un debito collettivo e individuale, sconfinato.
Cesserà, sì, il lamento degli innocenti, in un tempo a venire, gli Agnelli e gli Altri Animali non apparterranno più ad alcuno. E silenzio ed armonia torneranno ad espandersi sul Pianeta.
Tiziana Antico
per Progetto Vivere Vegan
Opera di Sue Coe: “Trenton NJ slaughterhouse” (Mattatoio di Trenton NJ)