Perché scegliere di diventare vegan?
La ragione principale è il rispetto degli Animali. Chi segue questa filosofia di vita non li considera semplici oggetti ma esseri sensibili con un loro valore intrinseco. Per questo i vegan non mangiano prodotti animali come carne, pesce, uova e latticini, non indossano pelle, lana o seta, non usano prodotti sperimentati sugli animali. Non comprano animali e non li tengono in gabbia, non visitano zoo e acquari, non vanno al circo e agli spettacoli che impiegano animali. Evitano insomma tutto quello che comporta la morte e la sofferenza degli animali. Ogni anno miliardi di esseri senzienti sono trasformati in prodotti alimentari, dopo una breve vita fatta solo di sofferenza. Chi sceglie di vivere vegan non può fermare da solo tutto questo: rifiuta però di parteciparvi e di esserne la causa. Non solo. Compie una scelta consapevole e responsabile, mandando un importante segnale per una società più rispettosa dei diritti degli animali non umani e umani.
No alla carne
Vivere vegan significa rifiutare tutto quello che deriva dallo sfruttamento degli animali: oltre a carne e pesce, anche latte, uova, pelle, lana, seta… Oltretutto la quasi totalità dei prodotti animali (carne, latte, uova) proviene da allevamenti intensivi, dove gli animali sono rinchiusi senza nessun rispetto per le loro esigenze fisiologiche, con il solo scopo di raggiungere la massima produttività nel minor tempo possibile. Fino al momento della uccisione, in quelle macabre “catene di smontaggio” che sono i macelli.
La morte degli animali è preceduta dal trasporto, lungo ed estenuante, fino al mattatoio: stipati nei camion, senza potersi muovere, bere o mangiare, arrivano a destinazione in gravissime condizioni di stress, spesso così debilitati da non riuscire nemmeno ad alzarsi.
Chi sceglie di vivere vegan non può fermare da solo tutto questo: rifiuta però di parteciparvi e di esserne la causa. Non solo. Compie una scelta consapevole e responsabile, mandando un importante segnale per una società più rispettosa dei diritti degli animali non umani e umani.
No al latte
Non molti sanno che mucche e vitellini vengono uccisi nel ciclo di produzione del latte.
Le mucche possono vivere fino a quaranta anni, ma negli allevamenti sono macellate quando la loro produzione di latte diminuisce, in genere dopo circa sette anni. La loro vita così innaturale, la mungitura meccanica, la selezione per aumentarne la produttività, la stabulazione nei capannoni, la mancanza di movimento, rendono le “mucche da latte” animali così debilitati che spesso, a “fine carriera” non si reggono più nemmeno in piedi. Da qui il modo di chiamarle “mucche a terra”.
Così una volta sfruttate per il loro latte vengono condotte al macello per la loro carne.
Durante questo ciclo di produzione sono inseminate artificialmente: se non mettessero al mondo i vitelli destinati al macello, non produrrebbero latte. I vitellini, strappati alla madre subito dopo la nascita, sono destinati, se maschi, al mattatoio a pochi mesi di vita (carne di vitella) o fatti ingrassare per essere macellati dopo due anni (carne di manzo); se femmine, seguiranno il destino delle madri. Da questo si desume che il latte e i derivati non dovrebbero ovviamente essere consumati nemmeno dai vegetariani.
Non importa se un formaggio contenga o meno caglio animale (ottenuto dallo stomaco degli animali macellati): i latticini, anche se biologici, sono il risultato di un ciclo produttivo che prevede la morte di mucche e vitelli.
No alle uova
Anche la produzione di uova comporta la morte delle galline e dei pulcini maschi. Le galline vivrebbero quindici anni, ma in tutti gli allevamenti, non solo in quelli intensivi, finiscono macellate appena il numero di uova prodotte diminuisce (di solito intorno ai due anni di vita) per diventare carne di seconda scelta. Stipate in gran numero dentro a minuscole gabbie, senza nemmeno la possibilità di aprire le ali o di seguire i loro naturali istinti, diventano stressate e aggressive a tal punto che spesso si feriscono e uccidono fra loro; il taglio del becco, pratica comune negli allevamenti, serve a limitare questo problema. I pulcini maschi, inutili al ciclo produttivo, vengono buttati vivi in un tritacarne per diventare mangime, soffocati o semplicemente lasciati morire accatastati in grandi mucchi.
Quando il destino degli animali rimane la macellazione, parlare di amore e rispetto è solo una contraddizione ipocrita e crudele.
No al pesce
I pesci hanno un sistema nervoso complesso e, come gli altri animali, provano paura e sofferenza. Qualunque sia la modalità di cattura, la morte dei pesci avviene sempre per soffocamento, dopo un’agonia lunga e terribile che non viene tenuta in alcuna considerazione. L’amo, oltre che un forte dolore, provoca spesso danni irreversibili e morte, anche nei casi in cui il pesce venga rigettato in acqua. Le reti da pesca sono la trappola e la fine anche per tartarughe marine, uccelli, delfini e animali di ogni genere.
I pesci d’allevamento sono spesso reclusi in condizioni inaccettabili, tanto che una notevole percentuale degli animali allevati muore per malattie ed epidemie.
No all’allevamento biologico
Come in tutte le fattorie, grandi e piccole, anche in quelle biologiche gli animali sono sfruttati e uccisi. Per la loro carne, per il latte e le uova. Anche se spesso godono di condizioni di vita appena migliori di un allevamento tradizionale (ma non come ci aspetteremmo), le galline ovaiole vengono uccise quando non sono più produttive e così pure i polli maschi, come conseguenza del processo di produzione delle uova. Stesso discorso per il latte: i vitelli e le mucche “a fine carriera” sono inevitabilmente mandati al macello.
Sarebbe impensabile mantenere in vita tutti i maschi improduttivi, nati solo per avviare la produzione di latte, che sfrutterebbero il suolo per tutta la loro vita, con dei costi di mantenimento inaccettabili.
Per gli stessi motivi dobbiamo diffidare di tutti quegli allevamenti che parlano di "benessere animale" e "fattorie felici". Quando il destino degli animali rimane la macellazione e la produzione di derivati, parlare di amore e rispetto è solo una contraddizione ipocrita e crudele.